Una mostra commemorativa corre sempre dei rischi, è fatta in memoria di ciò che è stato e non sarà mai più, di un passato migliore di questo presente in cui siamo. È sempre un po’ nostalgica.
La mostra Picasso Metamorfico celebra l’artista, la sua scomparsa e il suo lascito. L’affondo sull’archivio non guarisce dal male che ci affligge ma redime, sia per ciò che è stato, un fasto ormai inarrivabile, sia per ciò che è ora, comunque sempre Picasso il Grande, Sua Moltezza Reale, odiato e venerato, amato e criticato, esagerato ed estremo come piace a noi, eredi fugaci che lottano contro l’impermanenza, e che avendone cura necessariamente raffreddiamo i suoi guizzi, le sue intemperanze e incontinenze. Imbrigliamo il suo genio metamorfico per poterne garantire la sopravvivenza.
Nella mostra alla Galleria Nazionale, le tracce di Pablo in marinière, evocano una presenza fisica, un genius loci temporaneo che aleggia nelle sale, separato da una materia che ha saputo abitare e dominare come ha voluto.
Sarebbe stato magnifico, vista anche la ricorrenza, i 50 anni dalla sua morte e i 70 dalla memorabile mostra del 1953 (alla quale non presenziò), esporre al centro della sala nobile, l’opera di Eugenio Merino, Aquí murió Picasso, e rendere omaggio, metaforicamente, anche al corpo/crisalide che ha permesso a Picasso di passare sulla terra leggero. Nulla di dissacrante, un rituale pagano officiato nel mausoleo con-temporaneo, all’interno del museo, la cattedrale della cultura visiva di questo tempo, dove la mostra si trasforma in souvenir, ricordo strappato all’oblio. Un omaggio integrale, per non dimenticare che la vita è una sola, insieme alla carne da cui vogliamo separarci ma mai quando è troppo tardi, uno solo è il pianeta in cui siamo, una sola la vita che ereditiamo e condividiamo.
Cristiana Collu
Direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Picasso continua a sedimentare le sue passioni nelle sue opere, evitando il destino fatale di Frenhofer, (personaggio di un racconto di Balzac da lui illustrato). Ogni tratto dei suoi dipinti, ogni linea delle sue incisioni, è eseguito con determinazione e urgenza, in una lotta appassionata con il destino fatale, aggrappandosi a una carne che, per Picasso, non è mai stata “triste”. Picasso è un artista metamorfico che ha saputo modulare le sue “ossessioni”, cercando, per usare il titolo della sua opera, di prendere il desiderio per la coda.
Fernando Castro Flórez
Curatore della mostra
INFORMAZIONI
- Pagine 148
- Formato: 13×19,5
- ISBN: 979-1255540441
- Lingue: spagnolo e italiano
Fernando Castro Flórez
Fernando Castro Flórez
Fin dai primi anni di studio si è interessato alle opere di Friedrich Nietzsche, Theodor Adorno, Walter Benjamin, Jacques Lacan e Franz Kafka, tra gli altri. Ha insegnato presso l’Instituto de Estética y Teoría de las Artes, l’Universidad Autónoma de Madrid, l’Instituto Ortega y Gasset, l’Instituto de Cultura Contemporánea e il Museo Reina Sofía, di cui è membro del consiglio di amministrazione. Tiene corsi di dottorato, lezioni e conferenze in numerose università e musei in Spagna e all’estero. È senza dubbio uno dei critici d’arte più produttivi degli ultimi decenni. Oltre alle sue regolari collaborazioni e attività di insegnamento, è anche uno youtuber, dove ogni anno incorpora decine di nuovi video con opinioni, recensioni di libri e mostre, il tutto con un linguaggio eccessivo e ironico.
Ha scritto regolarmente nei supplementi culturali di giornali come El País, Diario, El Independiente, El Sol, El Mundo, e per più di dieci anni ha lavorato come critico d’arte per ABC Cultural, collaborando a diverse riviste culturali. Ha curato più di cento mostre e innumerevoli personali e collettive in musei di tutto il mondo e collaborazioni, ad esempio con l’artista di Salamanca Domingo Sánchez Blanco. Insegna e tiene seminari di Estetica presso l’UAM. Ha curato e tradotto diverse opere, tra cui quelle di Walter Benjamin.